Tra default e ‘proposte indecenti’ la Grecia si avvicina al Referendum
ATENE – Due scadenze oggi stringono ulteriormente la morsa creditizia europea al collo della Grecia, in attesa del decisivo referendum del 5 luglio indetto dal premier Alexis Tsipras e dal ministro dell’economia Yanis Varoufakis. Ammonta infatti a 1,6 miliardi di euro la rata del prestito europeo che Atene deve versare entro oggi, e a mezzanotte inoltre scadrà l’accordo che prevede il sostegno economico della Troika.
Il governo greco ha già fatto sapere che non ha intenzione né avrebbe sufficienti risorse economiche per rimborsare i creditori. Per ogni altra mossa, bisognerà attendere l’esito del referendum che chiamerà i greci a scegliere se accettare o meno un nuovo sostegno economico a patto di una riforma strutturale dettata dal resto d’Europa. Ma il Paese ellenico, che per una settimana si ritroverà con le banche chiuse, eccetto per i pensionati, e con un limite di prelievo al bancomat di soli 60 euro al giorno, e che convive con lo spettro del fallimento dall’autunno del 2009, non potrà che ritrovarsi alle urne in uno stato di vulnerabilità psicologica. Al riguardo Tsipras, che ha già annunciato che in caso di vittoria del “Sì” agli aiuti si dimetterebbe, ha invitato il popolo greco “ad agire con unità nazionale e compostezza, e di prendere una decisione degna. Per noi, per le generazioni future, per la storia greca. Per la sovranità e la dignità del nostro Paese”. Anche perché la proposta avanzata dalla Commissione Europea, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale suona come un ricatto, un subdolo invito alla perenne dipendenza: tra i vari provvedimenti infatti risulterebbero ancora tagli a pensioni minime e salari pubblici; aumento dell’IVA al 23% per il cibo processato e i ristoranti, infierendo quindi nuovamente sui più deboli e sul settore turistico, in piena stagione estiva. I Leader europei sono invece tutti impegnati a spiegare che la vittoria del “NO” sancirebbe il default e la Grexit.
Il ministro Varoufakis in un’intervista al Telegraph, oltre a confermare la volontà del Governo greco di rinegoziare gli accordi per restare ancorata all’euro, ha annunciato la possibilità di un ricorso alla Corte di Giustizia Europea: principale indiziata per la citazione in giudizio è la BCE che, indispettita dalla svolta referendaria, non ha concesso quei 6 miliardi di fondo d’emergenza che avrebbero permesso il regolare esercizio delle banche greche. Al riguardo, l’ultimo tentativo di trattativa risale all’inattesa telefonata di ieri sera da parte del presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, al premier ellenico. Ciononostante, la posizione della Troika sembra solo di poco ammorbidita: un’ulteriore dilazione dei pagamenti del debito e l’IVA che colpirebbe il turismo al 13% invece che al 23%, in cambio di una campagna a favore del “Sì”, per il 5 luglio. Dopo un primo istintivo e orgoglioso rifiuto, da Atene fanno però sapere che ci stanno pensando.
By Antonio Acconcio