Tumori. La Tomosintesi è la mammografia del futuro, ma è fondamentale anche la psicologia
NAPOLI – Venerdì 15 aprile si è conclusa la raccolta fondi promossa dalla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), per acquistare la “Tomosintesi”, un’apparecchiatura all’avanguardia, proprietaria di una metodica più efficace nel diagnosticare lesioni al seno rispetto alla mammografia tradizionale. Sono stati raccolti 12.165 euro, denaro che sarà devoluto all’Istituto Tumori di Napoli. Per l’occasione abbiamo intervistato la Dott.ssa Simona Illiano, psiconcologa presso un noto centro diagnostico di Marano di Napoli.
Dott.ssa Illiano, si è conclusa la raccolta fondi per acquistare l’attrezzatura per la Tomosintesi mammaria, cosa pensa di questo nuovo tipo di screening?
«La Tomosintesi mammaria è un sofisticato sistema che, grazie a una rapida scansione a raggi X, riesce ad acquisire immagini tridimensionali del seno, ciò permette di scoprire una percentuale maggiore di tumori rispetto agli esami tradizionali. Sulla base di questo posso dire di essere d’accordo alla creazione di nuove tecnologie che possano permettere la scoperta del cancro in fasi iniziali di sviluppo, in modo da poter intervenire tempestivamente. Ciò ovviamente non garantisce una guarigione certa, ma di sicuro è un metodo innovativo per una prevenzione più accurata e approfondita. La nostra unica arma contro il cancro è la prevenzione, quindi dico sì a tutto ciò che non crea danno, ma permette di salvare più donne a rischio.»
Rispetto al 2000 si è registrata una crescita del 13,8% dei tumori alla mammella. Il maggiore incremento percentuale si riscontra nelle donne di età compresa tra 25 e 44 anni: quasi 77 donne ogni 100mila in questa fascia d’età, con un aumento di +28,6% in sei anni. Qual è l’impatto psicologico riguardo la scoperta e l’accettazione del tumore al seno? Cambia su una donna di 25 anni rispetto a una donna di 40?
«Purtroppo le percentuali di donne colpite da questo male infimo e silente sono sempre in crescita, ciò crea paura e panico. La differenza dell’impatto psicologico da me riscontrata nelle mie pazienti non è tanto tra le donne di 25 anni e quelle di 40, perché in entrambe c’è una gran voglia di vivere e di lottare contro il male, e in entrambe le età prese in considerazione, parliamo di donne estremamente giovani, spesso ci sono famiglie, e tutto peggiora psicologicamente quando ci sono anche figli. Il male più grande per le donne in questa fascia d’età infatti è proprio la paura non solo di perdere la vita, ma di lasciare i figli senza una guida. A tutto questo si aggiunge il timore di essere giovani e quindi un’espansione delle cellule tumorali in maniera più veloce rispetto a una donna in età avanzata. Per affrontare il cancro ci vuole tanta forza e coraggio, ma anche tanta consapevolezza, quella stessa consapevolezza che spesso le spinge a volersi arrendere.»
I disturbi depressivi risultano i più comuni in ambito oncologico, ma anche i più difficili da poter diagnosticare. Quali sono i segnali principali che permettono di individuare questo tipo di disturbo ?
«La depressione è un altro male terribile da combattere, spesso definito dalle stesse pazienti il male peggiore, perché non ne vedono via d’uscita. La scoperta del cancro spesso porta ad avere fasi depressive, dove i sintomi più evidenti sono la voglia di non combattere e la perdita di qualsiasi stimolo che le porti a vivere. Uno dei primi segnali è il non volersi curare perché non si crede più nella guarigione, seguito il tutto dal non lavarsi, non uscire di casa, voler sempre dormire, non avere più interessi, non voler più lavorare, non badare alla casa e ai figli, perdere qualsiasi stimolo che serva ad affrontare e a superare questo periodo buio. Proprio per questo il supporto e il sostegno psicologico, in queste fasi di vita, diventano fondamentali, perché spesso sono fasi transitorie che con l’aiuto di uno psicologo si superano tranquillamente.»
In genere come rispondono i pazienti affetti da neoplasie?
«Le reazioni a un percorso ed un sostegno psicologico sono diverse, soprattutto tra uomini e donne. La gran parte delle persone che aderiscono al percorso sono le donne, che sono solitamente più libere di esprimersi e di tirar fuori le proprie paure e le proprie difficoltà. Gli uomini invece hanno più timore di mettersi a nudo e di ammettere di essere in difficoltà. Comunque in entrambi i casi posso assolutamente dire che la percentuale di persone alle quali fa piacere avere un trattamento psicologico è di sicuro in aumento, lasciando da parte le false credenze che dallo psicologo ci vadano i pazzi.»
Tra i principali disagi psicopatologici riscontrati sui pazienti oncologici ci sono i disturbi somatoformi. Come si manifestano e che probabilità c’è che un ex paziente possa sviluppare un livello patologico di “somatizzazione” verso il proprio corpo?
«I disturbi somatoformi sono molto comuni nei malati oncologici. Viviamo in un’epoca dove il cancro è in veloce espansione, quindi sempre di più le persone hanno paura che qualsiasi sintomo riscontrato sul proprio corpo possa portare a una malattia così grave. Di sicuro nei malati di cancro tutto ciò è in aumento, dato che spesso questo male è silente e asintomatico, ed è stato scoperto per caso e non perché creava dolori e fastidi. Al tumore si aggiungo quindi sintomi fisici causati invece da disagio psicologico, a volte descritti in maniera specifica: dolore acuto al cuore, cefalea. Altre volte descritti in maniera vaga: sensazione di nausea, giramenti di testa, dolori diffusi. Questi disturbi sono difficili da diagnosticare in quanto compromettono il funzionamento di un organo senza che possa essere accertata alcuna patologia.»
Qual è il primo passo che deve fare un paziente verso l’accettazione di una neoplasia, affinché non si verifichino disturbi psicopatologici?
«Non esiste una regola o dei passi specifici affinché non si sviluppi una psicopatologia. Posso dire però con certezza che è fondamentale un sostegno, in quanto si attraversa una fase di vita difficile e inaspettata, dove la destabilizzazione e la paura creata dalla scoperta del cancro possono portare in maniera repentina e violenta a un cambiamento, diventando poi un disturbo psicologico conclamato. Il chiedere aiuto è di sicuro uno dei passi fondamentali. Siamo esseri umani, non macchine, e come dico sempre ai miei pazienti: chiedere un supporto non è sinonimo di debolezza, ma di consapevolezza e di forza, quelle stesse caratteristiche che li porteranno ad affrontare questo male, a combatterlo e a superarlo. Entrano in un un tunnel buio, dove all’inizio tutto sembra nero e senza fine, ma non bisogna mai fermarsi, mai, perché infondo a quel tunnel c’è la luce e il paziente deve continuare a camminare pensando di arrivarci lì infondo e di certo l’aiuto di uno psicologo può facilitare questo percorso.»
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